Contenitori di notizie altrui o costruttori di contenuti per dare un contributo importante alla crescita del territorio? La riflessione del presidente del gruppo editoriale Diemmecom, partendo da Vibo Valens
Che significa fare l’editore oggi?
Me lo chiedo ogni giorno da più di dieci anni, da quando ho deciso di salvare l’emittente locale della città in cui ha la sede principale il Gruppo Pubbliemme, nato a Vibo e cresciuto a livello nazionale. Negli ultimi tempi torno spesso con la memoria al momento in cui ho iniziato a muovere i primi passi da editore, ruolo che da allora esercito insieme a quello di proprietario di un’azienda in espansione che ai contenitori, agli spazi pubblicitari, negli anni ha affiancato i contenuti, costruendo un’offerta sempre più ampia nella comunicazione integrata, oltre che nella pianificazione. Sono tantissimi i ricordi che potrebbero darmi soddisfazione, vedendo i risultati raggiunti, iniziando dalla fatica ricompensata (era stata una trattativa lunghissima e complessa in un mondo, quello dell’informazione, che stavamo imparando a conoscere) e dal timore di non riuscire a vincere questa nuova sfida.
Dieci anni e sempre lo stesso ricordo
E invece la memoria si focalizza sempre sulla stessa vicenda che alcuni conoscono, perché l’ho ripetuta ultimamente. Avevamo appena formalizzato l’acquisto, eravamo tutti molto provati. In tanti ci avevano sconsigliato quel passo; ma chi mi conosce lo sa, chi non mi conosce lo ha imparato dal mio modo di gestire il gruppo editoriale che rappresento: quando sento che è giunto il momento per prendere decisioni importanti è quasi impossibile farmi tornare sui miei passi. Così, incrociando un imprenditore della nostra zona che conoscevo e stimavo perché lo ritenevo testardo come me, con una visione non solo personale e imprenditoriale, ma anche legata al benessere e alla crescita del nostro territorio, capace di perseguirla anche quando le condizioni lo sconsiglierebbero, tutto mi sarei aspettato fuorché le sue condoglianze per aver rilevato il canale televisivo vibonese.
Negli anni ho interpretato in modi diversi le sue parole e la sua stretta di mano. Intanto la nostra squadra iniziava a formarsi e a crescere, le testate ad aumentare, redazione centrale e redazioni locali a diventare un punto di riferimento giornalistico, il reparto tecnico e di post-produzione a raggiungere qualità eccellenti, le strumentazioni tecniche ad essere sempre più all’avanguardia. Ma quella parola tornava ciclicamente, nonostante i successi sempre maggiori raccolti da LaC Network.
Fare l’editore in una terra ai confini
E dunque cosa significa fare l’editore oggi?
Cosa significa farlo in una terra troppo condizionata da una cultura di potere che è figlia diretta di decenni di malaffare, mafia, commistioni? Dove amicizie ed inimicizie si misurano in termini di favori, richieste, speranze, ricatti? Dove chi ti avvicina blandendoti ed offrendo la propria professionalità diventa il tuo più acerrimo nemico, appena capisce che non diamo spazio a chi non riconosce la nostra linea editoriale, la nostra gerarchia interna, le nostre regole? Dove diventa sempre più difficile far capire che la buona informazione non è rappresentata da chi scambia le nostre testate in contenitori in cui far entrare le notizie che fanno comodo, ma da un lavoro incessante di ricerca della verità, in un pluralismo democratico?
La globalizzazione che ci ha tolto l’anima
Quando parliamo di informazione e di comunicazione, in quest’era troppo social e troppo poco sociale, parliamo di recinti, che si fanno sempre più piccoli per raggruppare tra di loro persone che la pensano allo stesso modo. Persone (i nostri esperti di marketing li chiamerebbero segmenti di target) che non vogliono essere informate sulla realtà dei fatti, perché cercano semplicemente la conferma di ciò che credono essere la verità. È il nuovo male della globalizzazione, è stata battezzata post-verità, ne siamo un po’ tutti vittime.
Ascoltiamo ciò che ci piace ascoltare, crediamo in ciò in cui ci piace credere. E poi diventiamo odiatori, capaci solo di guardare al di là del recinto immaginando – ed invidiando – praterie e pascoli migliori, ma non avendo mai il coraggio di aprirlo, quel recinto, per iniziare ad esplorare, a scoprire che c’è spazio per tutti, purché si decida dilavorare insieme per creare reti e ponti tra i recinti, in un flusso continuo che è la base del vivere sociale.
Il giornalismo costruttivo
Ragionando di informazione e comunicazione mentre ci preparavamo a questa nuova sfida – il giornalismo costruttivo su cui abbiamo iniziato a lavorare alla fine dello scorso anno, fulcro della sperimentazione in corso con Vibo Valens – mi torna in mente quel giorno di dieci anni fa. Mi tornano in mente quelle condoglianze. Ed oggi, finalmente, ho compreso il perché tanto e tanto a lungo mi hanno turbato, al di là del dubbio gusto dell’uscita estemporanea accompagnata da un sorriso beffardo.
La partecipazione al dolore non si sarebbe dovuta focalizzare sul passo fatto, ma sulla necessità di restituire all’informazione il ruolo che ha e che deve avere: quello di aiutare un territorio ed i suoi cittadini a capire meglio, a valutare bisogni e opportunità, a fare le scelte giuste, a crescere, ad avere il coraggio di cambiare, quando è necessario. Questo manca, forse da sempre, alla nostra terra, accecata dai riflettori ed incapace di riconoscere e far lavorare chi invece vive di luce propria. È il vecchio concetto del guardare il dito invece che la luna, costruendo facili quanto assurde spiegazioni, millantando, interpretando rinnovi personali o strutturali, che sono alla base della vita di ogni azienda e di ogni redazione, come dimostrazioni lampanti di chissà quale disegno.
Abbiamo un disegno chiaro
Il nostro disegno è chiaro ed alla luce del sole: quello di una redazione attiva ed in continuo movimento, in cui i cambi di ruolo servono per valorizzare al massimo la squadra e, al suo interno, ciascuno degli ottimi giornalisti che stanno dando il massimo per fare sempre meglio; quello delle nuove tecnologie con cui abbiamo rinnovato i nostri studi; quello di un’apertura alla condivisione massima con la nuova postazione de LaC Airport; quello che cercherà, per tutta la durata di quest’estate ormai prossima, di mostrare a livello nazionale e internazionale le tante bellezze di una terra di cui possiamo e dobbiamo andare fieri.
Diamo forza alla nostra città
Ci stiamo preparando per l’appuntamento elettorale di giugno. Come editore mi impegno a fornire una corretta informazione a sostegno del territorio, partendo proprio da Vibo. Insieme al mio gruppo intendo dare il mio contributo affinché ogni elettore sia consapevole delle potenzialità di questa città e possa fare le scelte giuste per iniziare a costruire un nuovo capitolo nella storia della nostra terra. Con VIBO VALENS, a vincere saremo tutti. Con il nostro agire stimoleremo l’azione per il bene comune e contribuiremo a identificare un percorso di sviluppo che finalmente ci coinvolgerà attivamente nella crescita del territorio. Le persone passano. Restano le idee e ciò che viene costruito. Ecco, penso che queste siano le fondamenta di cui ha bisogno Vibo, ma anche la regione, l’Italia, l’Europa tutta. Partiamo da qui e muoviamoci insieme per il bene del nostro Paese.