NEWS

“La notte delle stelle”, a Bova l’evento targato Diemmecom che celebra le minoranze linguistiche: «Il futuro della Calabria in un nuovo modo di raccontarla»

Una due giorni ricca di cultura, tradizione e riflessioni per porre l’attenzione sulla ricchezza culturale, linguistica e antropologica della Calabria.  “La Notte delleStelle – Bova e la sua Cultura” ha portato al centro dell’attenzione le minoranze linguistiche calabresi, il patrimonio artistico e il futuro della Calabria. Un’occasione in cui il borgo grecanico è diventato il cuore pulsante di un dialogo tra artisti, istituzioni e rappresentanti del mondo della comunicazione. Ieri, con la seconda parte dell’evento con direttore artistico Franco Laratta, non si è concluso semplicemente un appuntamento ma si è aperto un grande portone verso una strada luminosa per il futuro della tutela e della promozione delle lingue identitarie calabresi.

Un impegno comune, che ha visto rimboccarsi le maniche l’amministrazione Comunale di Bova ed il Gruppo Editoriale Diemmecom, impegnato con il Network LaC – attraverso la sua rete di tecnici e di professionisti della comunicazione – nell’impegno sociale del racconto delle bellezze della Calabria e delle sue diversità.

Soddisfazione per la riuscita dell’evento è stata espressa dall’editore del network LaC, Domenico Maduli: «”Non c’è vento favorevole per chi non sa in quale porto andare“. Questo è molto importante per noi. Questa è la direzione che c’è da sempre e dove noi vogliamo andare. Bova fa parte di questo percorso, di questa direzione che noi abbiamo intrapreso già da anni, per una Calabria che vuole raccontarsi ed essere raccontata nella verità di quello che essa rappresenta».

Maduli ha poi tracciato la storia di LaC, raccontando come l’emittente sia nata non solo per dare voce alla Calabria, ma per creare uno spazio dove i giovani calabresi potessero esprimere le loro potenzialità, senza essere costretti a emigrare: «Il lavoro che LaC sta facendo in questa regione da diversi anni è molto importante.  LaC è Calabria, è Casa, è Contaminazione, è Condivisione, è Contenuti. Sono tutte lettere appartenenti a una grande lettera, che è la C e che la rappresenta».

La scelta del nome LaC, come ha spiegato, è stata simbolica: partire dalla C di Calabria, e lasciare che nel tempo il significato di questo progetto venisse costruito dalle persone che vi lavorano. «Quando mi è stato proposto di rilevare questa emittente del vibonese, che era in uno stato pre-fallimentare, la prima cosa che ho fatto è stata pensare al nuovo nome. Tutti quelli che mi erano stati proposti erano lunghissimi. Quindi ho detto: “Chiamiamola con una sola lettera, con la C di Calabria, ed il resto del nome lo costruiranno nel corso degli anni tutte le persone che lavoreranno a questo progetto”».

Bova, secondo Maduli, incarna perfettamente quella Calabria che merita di essere riscoperta e valorizzata. Il borgo grecanico rappresenta, infatti, uno degli epicentri culturali della regione, un esempio di come i luoghi minori possano raccontare una storia più ampia, universale, fatta di tradizioni millenarie e di sfide contemporanee: «Io credo che questi borghi, se si riesce a metterli insieme, nel prossimo futuro, possano diventare un cinema all’aperto da consegnare ai giovani adulti che vivono all’estero e che si possono far rientrare qui. Ma soprattutto i calabresi dovrebbero prendere un impegno: che nella mappa dei propri viaggi, ci sia ogni anno un pezzo di Calabria».

Maduli ha poi lanciato un appello forte e chiaro alla comunità calabrese: riscoprire le proprie radici e le proprie bellezze, per farne un tesoro non solo per chi vive all’estero, ma anche per coloro che risiedono in Calabria e spesso non conoscono fino in fondo le ricchezze del loro territorio. «È grave – ha detto – che una buona parte dei calabresi non abbia cognizione che ci sono borghi in Calabria che valgono un’intera nazione».

La sua riflessione ha abbracciato un’idea di Calabria come terra delle certezze, non più legata a un futuro incerto o al rimpianto di ciò che avrebbe potuto essere. Una terra che si riappropria della sua grandezza, delle sue risorse umane e della sua storia, in un’ottica di crescita condivisa e di progetti di lungo termine. «Non dirlo, non trasmettere questa grandezza – ha concluso – vuol dire che non siamo consapevoli delle scelte che facciamo. Non dobbiamo più lavorare con il “se”, ma con le certezze: noi siamo certi di essere qui, siamo certi che qui c’è valore e noi questo valore vogliamo farlo crescere e portarlo avanti negli anni».